Affitti brevi con le piattaforme tipo Airbnb sull’orlo di una crisi di nervi: questo potrebbe essere un titolo che riassume tanto la situazione degli affitti turistici dal lato dei proprietari quanto quella dal lato dei portali che fanno da tramite alle prenotazioni dei clienti.

Abbiamo quindi da un lato il Fisco che fa pace con Airbnb e si mette in tasca oltre mezzo miliardo di euro e dall’altro i proprietari degli immobili che faranno i conti con i controlli fiscali che partiranno a breve.

Tutto questo mentre arriva il nuovo “Decreto Anticipi” che mette in moto la nuova banca dati fiscale con tanto di codice identificativo degli alloggi (CIN) e nuovi obblighi sulla sicurezza.

Affitti brevi: le grane (risolte) di Airbnb

Tutto è partito nel lontano 2017 quando l’Italia ha introdotto l’obbligo di una trattenuta sugli affitti brevi da applicare agli hosts al momento del riversamento dell’affitto e da quel momento sono seguiti i ricorsi alle varie Commissioni Tributarie.

A volte si vince ed a volte si perde come è successo (tra gli altri) ad Airbnb che ha appena chiuso una transazione con Fisco italiano da 576 milioni.

Infatti nelle settimane precedenti la Procura di Milano aveva attivato un sequestro preventivo da quasi 800 milioni di euro ai danni della società accusandola di aver evaso le imposte nel periodo 2017-2021.

In questo arco temporale Airbnb aveva infatti incassato circa 3,7 miliardi di euro e li aveva riversati interamente agli host senza effettuare la trattenuta del 21% a titolo di “cedolare secca” e senza (ovviamente) averla versata al fisco.

Pertanto AirBnb ha definito la propria posizione con il fisco così come in precedenza avevano fatto altri famosi portali e come lo faranno (presumibilmente) in futuro eventuali altri operatori più piccoli, ove ci fossero ulteriori indagini.

Per il momento sembra certo che Airbnb non andrà a rivalersi di questi importi sugli Hosts, pur trattandosi in effetti delle loro imposte e questa potrebbe essere una (mezza) buona notizia.

affitti brevi: guai in vista per gli hosts

Come ho appena detto la chiusura del contenzioso sugli affitti brevi potrebbe essere una notizia buona solamente a metà perché riguarda solamente il periodo dal 2017 al 2021 e le date non sono probabilmente scelte a caso.

Prima del 2017 non vi era l’obbligo della cedolare secca sugli affitti brevi pertanto era inutile andare più indietro nel tempo.

Tra l’altro l’anno 2016 è un periodo d’imposta per i quali sono scaduti i termini di accertamento che, nonostante la proroga Covid, erano collegati alla scadenza dello scorso 26 marzo 2023 mentre la chiusura dell’accertamento sul 2017 si avrà solo al prossimo 26 Marzo 2024.

L’altra data che ritengo non sia scelta a caso è quella dell’anno di imposta 2021, ovvero l’ultimo anno fiscale per il quale non è più possibile utilizzare il ravvedimento operoso.

Infatti il termine per presentare la dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2022 scadeva lo scorso novembre e questo vuol dire che per il 2022 c’è ancora tempo per effettuare il ravvedimento operoso e sistemare eventuali errori ed omissioni.

Ci sono infatti 90 giorni di tempo per fare la dichiarazione “tardiva” del 2022 pagando una piccola penale e probabilmente il Fisco conta sugli adempimenti spontanei riservandosi ancora diversi anni per procedere nei confronti degli irriducibili dell’evasione.

C’è infatti da considerare che Airbnb potrebbe essere diventata “collaborativa” nei confronti del Fisco e potrebbe aver consegnato l’elenco dei contribuenti come parte della trattativa appena chiusa.

In questo modo il Fisco potrebbe aver barattato un piccolo sconto ed ottenuto in cambio un pagamento certo con la possibilità di far scattare tutta una serie di controlli a valle di questa operazione.

Si tratta di operazioni già effettuate in passato dall’Agenzia delle Entrate come nel caso delle Carte di Pagamento Payoneer di un paio di anni fa.

Alcune indiscrezioni apparse sulla stampa specializzata parlano infatti di diversi host che risultano nullatenenti sul fronte del fisco e contemporaneamente ben forniti di alloggi sul portale.

affitti brevi: le novità del Decreto Anticipi

Come ti avevo preannunciato nella premessa ci sono novità importanti ad opera del nuovo Decreto Anticipi che da pochi giorni è stato convertito in Legge.

La prima di queste novità riguarda l’obbligo di adottare i requisiti di sicurezza per gli immobili, quindi impianti a norma, rilevatori di fumo ed estintori situati in posti accessibili.

Al momento quest’obbligo riguarda solamente gli host professionali ovvero coloro che esercitano l’attività in forma di impresa per scelta oppure perché obbligati in quanto hanno più di quattro alloggi.

La seconda e più importante novità riguarda il nuovo CODICE CIN, ovvero il “Codice Identificativo Nazione” che a breve diventerà obbligatorio, una volta che sarà pronto il decreto attuativo e la relativa piattaforma software.

Per ottenere il codice CIN sarà necessario fornire i dati catastali della struttura e gli eventuali codici già emessi in passato dalle Regioni e dalle Provincie Autonome saranno convertiti di conseguenza.

Il codice CIN andrà obbligatoriamente indicato negli annunci ed andrà esposto all’esterno dell’immobile dove è situato l’alloggio e le sanzioni per la mancata esposizione vanno da un minimo di 800€ ad un massimo di 8.000€.

La cosa preoccupante è che la sanzione sarà inflitta sia a chi affitta che al proprietario dell’immobile ed in alcuni casi sono due soggetti anche differenti.

Questo nuovo scenario potrebbe indurre i proprietari che affittano gli immobili a prevedere espressi divieti di utilizzo degli immobili, magari anche solamente per evitare l’opposizione del codice sull’esterno del fabbricato oppure per evitare di finire nella banca dati pubblica degli immobili turistici.

Perché dalla lettura del recente provvedimento emerge che questa nuova banca dati sarà pubblica e liberamente consultabile da chiunque.