Nell’articolo di oggi ti parlerò di un caso pratico che mi è capitato in Studio in questi giorni e ti racconterò la storia di un imprenditore che ha deciso di aprire una società all’estero e si è trovato subito nei guai con il fisco.

Si tratta di un errore che fanno molte persone che non si informano bene prima di fare questo passo.

Ho deciso pertanto di spiegarti esattamente cosa è successo e come puoi evitare di commettere anche tu lo stesso errore se stai pensando ad una LTD a Malta, oppure ad una LLC negli Stati Uniti.

Spero che quanto ti sto per raccontare ti sia utile per non metterti nei guai quanto deciderai di aprire una società all’estero.

All’estero si pagano meno tasse

Uno dei motivi che spinge gli italiani ad aprire una società all’estero è sicuramente una minore burocrazia perché è molto semplice avere, in poche ore, una società perfettamente in regola e pronta ad operare

Il motivo principale per aprire una società all’estero, almeno nella maggior parte dei casi che ho visto, è il desiderio di pagare meno tasse!

Ci sono degli stati che puoi raggiungere in poche ore di autostrada (o di aereo) dove è facile avere tasse molto più basse che in Italia.

Per esempio a Malta alcune LTD possono arrivare a pagare anche solo il 5% di tasse e questa è davvero una percentuale da sogno, specie se paragonata a quella che hai con una SRL qui da noi.

Se ci aggiungi il fatto che all’estero non sanno nemmeno cosa sono gli “acconti” sulle tasse e di certo non sei costretto a pagare i contributi all’INPS, allora non c’è confronto con l’Italia.

Ora ci sarà qualcuno che sostiene (giustamente) che non devo confondere i contributi INPS con le tasse ma, per come la vedo io, i contributi INPS non sono altro che soldi che escono dal mio business per andare a finire nel grande pozzo nero del fisco (e dintorni) e questa cosa ti rende meno competitivo rispetto al tuo concorrente.

Pertanto puoi scommettere che il principale motivo che spinge alcuni imprenditori ad aprire una società all’estero è quello di pagare meno tasse ed avere meno burocrazia.

Aprire una società all’estero: un errore comune

Il più grosso e stupido errore che fanno alcuni italiani quando decidono di aprire una società all’estero è quello di mettersi in prima persona diventando soci oppure amministratori della struttura estera.

Una società intestata ed amministrata da persone italiane per la legge non è più una società estera al 100%, anche se ha realmente la sede all’estero!

Poco importa che la tua sia davvero una società con tanto di uffici e personale dipendente perché per il fisco questa rimane sempre una società che appartiene, a tutti gli effetti, ad un soggetto italiano.

Ovviamente in questo contesto per “italiano” intendo “fiscalmente residente in italia” perché il passaporto c’entra poco (o nulla).

Si tratta di un caso di esterovestizione, ovvero di “vestire” una società come se fosse estera, ed è un reato che può comportare una serie conseguenze (anche penali) se non provvedi a regolarizzare la tua posizione con il fisco.

In altre parole il fatto di essere soci oppure amministratori o aprire una società all’estero non è di per se una cosa vietata perché non c’è nessuna legge che te lo vieta, a patto di non usare la società estera come uno schermo per pagare meno tasse oppure per far fesso il fisco italiano.

Quindi dovrai fare il modello unico in Italia e quello che paghi all’estero può diventare un credito che puoi usare per diminuire quello che devi poi versare in Italia.

L’Italia ha firmato con molti Stati esteri una apposita convenzione contro le doppie imposizioni, ovvero accordo speciale fatto su misura proprio per evitare di tassare due volte gli stessi utili.

Questo ragionamento vale ovviamente se la società all’estero non è solo una scatola che ti serve per fare il furbo con il fisco, perché altrimenti le cose sono un po’ più complicate.

Un caso reale: ecco cosa può succedere!

La settimana scorsa ho avuto modo di parlare con un imprenditore che ha aperto una società all’estero di cui è proprietario al 100% ed anche amministratore unico.

La società in questione è in realtà una società “estero-vestita” e quando gli ho spiegato come stanno veramente le cose il miraggio del risparmio sulle tasse è sparito.

Fortunatamente è ancora in tempo per regolarizzare la posizione con il fisco e l’unico danno che ha subito è il tempo ed il denaro che ha speso per aprire una società all’estero che gli porterà solamente complicazioni.

A dire il vero questo non è stato l’unico (grosso) errore commesso perché ce n’è un secondo: il sito web aziendale è stato aperto a suo nome dall’Italia!

Un sito web intestato ad un soggetto residente in Italia ed appoggiato a server italiani può essere considerato dal fisco come una “stabile organizzazione”,  ovvero come se tu avessi una vera sede con gli uffici in Italia.

Alla fine l’unica cosa “estera” che ha questa società è l’indirizzo della sede legale e pertanto è una società 100% italiana perché:

  • è una società di proprietà di soggetti residenti in Italia
  • è una società amministrata da italiani
  • ha un sito web intestato ad una persona residente in Italia

Se questi due errori potevano in qualche modo essere evitati rimane un terzo grosso problema: il centro degli interessi dell’attività è l’Italia.

La società infatti ha il 100% di clienti italiani e lavora solamente in modo localizzato in questo Paese, quindi si espone sicuramente alla possibilità di un accertamento, anche se l’imprenditore non commette altri errori.

Il grande fratello vigila sulla tua società estera

Ora che hai visto quali sono i problemi ai quali puoi andare incontro se decidi di aprire una società all’estero ti starai chiedendo quali sono le soluzioni che si possono praticare con una certa sicurezza e senza rischiare guai seri con il fisco.

Ovviamente non tutti gli imprenditori commettono questi errori quanto decidono di aprire una società all’estero però devi tenere ben presente che

negli ultimi anni i controlli del fisco sulle società estere si sono intensificati.

L’Agenzia delle Entrate ha molti strumenti di controllo che in passato non aveva e tutti i trattati sullo scambio di informazioni finanziarie sono l’esempio più evidente che il segreto bancario internazionale sul quale si poteva contare fino a 10 anni fa ora non esiste più.

Il principale strumento di monitoraggio finanziario internazionale è sicuramente il FACTA, ovvero il sistema voluto dagli USA ed introdotto a partire dal 2010, al quale si è aggiunto modello OSCE.

Grazie a questi sistemi oltre 120 paesi sono in grado di scambiarsi informazioni finanziarie e pertanto è diventato quasi impossibile aggirare le leggi fiscali come una volta.

La conseguenza è che se vuoi aprire una società all’estero lo devi fare nel modo corretto e soprattutto lo devi fare “alla luce del sole”, ovvero in modo trasparente e regolare.

Il vero problema è che alcuni imprenditori non credono ancora che la loro società verrà controllata perché confondono il ritardo con il quale si muove l’Agenzia delle Entrate con la presunta assenza di controlli.

Se anche tu sei di questo parere devi sapere che il fisco ha fino a 14 anni di tempo per venirti a bussare alla porta di casa e chiedere spiegazioni.

Questo significa che, se decidi di aprire una società all’estero, e non sei perfettamente in regola, allora

il fisco ha tempo per controllarti fino all’anno 2030!

Decisamente ti potresti trovare in difficoltà anche solo per trovare dove hai messo i documenti, sempre se non li hai persi durante qualche trasloco…

Ogni problema ha la sua soluzione

La principale conseguenza di dover fare le cose perfettamente in regola è che non ti puoi affidare alla prima società di servizi che trovi su internet perché le soluzioni già pronte in scatola di montaggio non funzionano più.

Ci sono molti strumenti sofisticati come il Trust e le Holding che possono essere utilizzati per realizzare una struttura che sia perfettamente legale.

Il difetto di questi strumenti è che richiedono maggior impegno per essere creati perché non li trovi su Google e devi recarti di persona da diversi consulenti in diversi Paesi per raccogliere e coordinare tutte le informazioni.

Questo si traduce ovviamente in maggiori risorse da investire perché la TUA struttura deve essere attentamente pianificata e realizzata su misura per TE, tenendo conto delle TUE esigenze.

Il primo ed essenziale passo da compiere è sicuramente quello di procedere ad una protezione personale e patrimoniale.

La seconda cosa di cui hai bisogno è un professionista con esperienza nel settore che sia in grado di parlare un minimo di inglese per accompagnarti all’estero e parlare con la banca, con il notaio e con tutti i professionisti che ti servono all’estero.

Il consiglio che di solito do a tutti i miei clienti è quello di avere un piano (ovviamente scritto) con dei chiari obiettivi da raggiungere e delle cose da fare ed è meglio che questo piano sia stato verificato da più di una persona.

Se ti servono altri validi consigli per pianificare come trasferirti all’estero con la tua attività senza subire l’ennesimo salasso allora premi sul bottone verde qui sotto.

trasferisti all’estero senza guai con il fisco